l'opinione

La strategia del rimando tra primarie e regionali

Giuseppe De Tomaso

La maggioranza di governo giallorossa potrebbe tirare il fiato in caso di mancato successo dell’assalto salviniano alla postazione di comando dell’Emilia-Romagna?

Sulla carta (costituzionale) l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. In realtà è una repubblica fondata sul rinvio, che - per alcuni interpreti - va inteso anche come riposo. Ma limitiamoci al concetto di rinvio. L’espressione «rimandare a miglior tempo» è assai gettonata nel nostro Paese, molto di più di una canzone di Mina o di Claudio Baglioni. Ma se si rimanda, notava uno spirito dissacrante come Leonardo Sciascia (1921-1989), si rimanda sempre a peggior tempo, perché ogni problema finisce inesorabilmente per aggravarsi. E se si aggrava, diventa più complicato trovare gli opportuni rimedi.

Si deve innanzitutto alla regola del rinvio permanente la cronicizzazione delle emergenze e dei problemi italici. Una cronicizzazione aggravata dal susseguirsi di elezioni di ogni ordine e grado a distanza di brevissimo tempo tra loro: oggi si vota per le europee, domani per le politiche, dopodomani per le regionali, tra una settimana per un test comunale. E siccome ogni verifica elettorale, fosse anche la più ristretta, assume sempre un significato di valore nazionale, succede che la politica del rinvio annulli qualsiasi esigenza di far presto. Il paradosso è che di rimando in rimando, vada fuori controllo non solo l’azione di un governo, compresa la strategia di un partito o di una coalizione, ma addirittura vada nel pallone la tattica quotidiana di ogni protagonista della vita pubblica.

Da qualche mese tutto è fermo a causa delle imminenti regionali in Emilia-Romagna e Calabria (prossimo 26 gennaio), il cui responso potrebbe incidere sulla sorte del governo Conte e della stessa legislatura. Ovviamente, i fari sono accesi quasi esclusivamente sull’Emilia-Romagna, da sempre feudo della sinistra e del centrosinistra, ma, ultimamente, a detta dei sondaggi, entrata nell’elenco delle regioni contendibili.

Matteo Salvini sogna di effettuare la volèe vincente sulla terra rossa. In effetti se il Capitano della Lega riuscisse a conquistare il trofeo nella regione progressista per eccellenza, la notizia sarebbe di interesse extranazionale, alla luce dell’importanza simbolica che ne deriverebbe. Ma il presidente in carica, Stefano Bonaccini, a detta dei suoi stessi avversari politici, è uno che sa il fatto suo e ha ben governato. Il che rende assai arduo, anche se non impossibile, il tentativo di Salvini di conquistare la fortezza più prestigiosa di tutto il Centro-Nord.

La maggioranza di governo giallorossa potrebbe tirare il fiato in caso di mancato successo dell’assalto salviniano alla postazione di comando dell’Emilia-Romagna? Non è detto.

Ovvio. Se Salvini riuscisse nel colpo grosso, le probabilità del governo nazionale di sopravvivere a se stesso sarebbero inferiori a quelle di un navigatore solitario nell’oceano in tempesta. Ma nei sistemi politici fondati sulle coalizioni, le prestazioni elettorali degli alleati a volte incidono, nella stabilità o instabilità di un’intesa, molto di più dei risultati degli avversari. In soldoni: se in Emilia il Pd andasse bene e il M5S andasse male, il futuro del governo Conte sarebbe tutt’altro che sereno. In sintesi: perché l’esecutivo nazionale possa ritenersi al riparo dalle eventuali schegge emiliane, sarebbe d’uopo una sostanziale tenuta dei 5stelle, oltre che del Partito democratico. In caso contrario si potrebbe intensificare l’esodo dei malpancisti grillini verso nuovi lidi e ripartirebbe di scatto il pressing del centrodestra teso a chiedere lo scioglimento anticipato delle Camere.

Ma, se così andasse, le reazioni al voto in Emilia non si dovrebbero esaurire nel quadrilatero romano della politica nazionale. Effetti a catena si spalmerebbero sul resto del Paese, sul piano locale.

Prendiamo la Puglia. Oggi si svolgono le primarie del centrosinistra per la scelta del candidato presidente. Si fronteggiano quattro nomi che esprimono sensibilità e culture differenti, il che aggiunge pepe alla consultazione. Ora si attende la decisione finale del centrodestra, dopo la designazione di Raffaele Fitto da parte di Fratelli d’Italia.

Anche per la Puglia sarà fondamentale il verdetto emiliano. Se nella terra dei tortellini e delle supercar di lusso si dovessero ribaltare i rapporti di forza fino al punto da terremotare i palazzi capitolini e da dover richiamare alle urne tutti gli italiani, beh il tavolo nazionale del centrodestra sulle candidature regionali non potrebbe non tenerne conto. Infatti. Cambierebbero gli scenari, gli obiettivi di partiti e coalizioni. E, soprattutto, muterebbero le ambizioni personali. Per cui, i papabili presidenti di Regione potrebbero ritrovarsi in corsa per una collocazione nazionale, e viceversa.

Ecco perché più si avvicina la prova del voto in Emilia-Romagna, più sale la febbre generale, dal governo fino alle amministrazioni periferiche. Nel frattempo, tutti immobili, in attesa delle urne del 26 gennaio.

Il bello, rectius il brutto, è che il Paese non può consentirsi quarantene, pause di riflessione a intervalli periodici. Già in condizioni di normalità/tranquillità, la forza dei governi italiani è quella che è, come dimostrano le solite difficoltà - specie nei giorni di tempesta - nelle relazioni internazionali, che invece richiedono stabilità e solidità da parte di tutti gli interlocutori chiamati attorno ai tavoli che contano. Figuriamoci qual è il peso della nostra diplomazia nelle fasi di crisi politica o di precrisi istituzionale, quando davvero non si sa dove potrebbe approdare l’ondeggiante navicella Italia.

Per fortuna c’è il Capo dello Stato a garantire continuità e attuazione degli impegni internazionali, oltre che a vigilare sul rispetto della Costituzione. Ma una nazione che fa parte del G8 merita fasi politiche più tranquille di quelle che si trascorrono in Italia, merita governi capaci di operare senza l’ossessivo assillo del voto locale e senza il timore di essere costretta imitare Penelope nello disfacimento-ritessitura della tela.

Purtroppo, va avanti così da lunga pezza, e però, per ogni scelta, «rimandar a miglior tempo» equivale a «rimandar a peggior tempo».

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