Tour del Gusto
Cucina pugliese, il sogno di Cristina
Storia della chef stellata Bowerman, da Cerignola al ristorante raffinato di Trastevere
Nata a Cerignola, in provincia di Foggia, e cresciuta a Bari, nelle sue vene scorre sangue pugliese. Un legame talmente forte, quello con la sua terra d’origine, che l’ha permeata, accompagnandola anche negli anni di formazione negli States. Cristina Bowerman, chef una stella Michelin di “Glass Hostaria”, ristorante contemporaneo nel cuore di Trastevere, propone una cucina che è frutto di esperienze e memorie raccolte nel mondo. Con la sua personalità eclettica e la rinomata capacità di andare “controcorrente” ha conquistato il mondo gastronomico, ottenendo i riconoscimenti della critica e le attestazioni dovute anche all’impegno profuso nel sociale, nella tutela dell’ambiente e nella formazione dei giovani. Per Cristina la Puglia - dove torna sempre per le vacanze estive («tra il Gargano e Ostuni») - è culla di sentimenti e immagini del passato, anche e soprattutto legate alla tavola. «Una delle ragioni principali è mia nonna materna, che ha avuto una vita lunga e intensa. Ho tanti ricordi che mi legano a lei. Andavamo insieme nel pollaio di fronte a casa a prendere le uova calde: come una scatenata, lei bucava l’uovo, ci metteva dello zucchero e del caffè e me lo faceva bere. Avrò avuto sei anni. Oppure, ricordo la bollitura dei pomodori che faceva mio nonno, così come le conserve di funghi e carciofi. Lei rideva, quando mio nonno rompeva un boccaccio. Come pugliese, in cucina e nella vita, ho un motto: non sussurro, non suggerisco, ma te lo dico». Ed effettivamente, tra le caratteristiche della cuoca dall’iconico ciuffo rosa, ci sono proprio la caparbia e l’essere diretta. Come nei suoi sapori, «dove l’umami predomina sempre, dal pesce (le alici e le scarpette, seppioline nel ghiaccio) alla callosità della pasta, dai latticini alle verdure». Un amore così viscerale quello per il pesce crudo, pescato e mangiato nelle marine pugliesi da bambina, «da costituire quasi un problema, oggi, quando devo comprarlo nella Capitale o in qualsiasi altro luogo». E il pensiero vola rapidamente ai ricci di mare, «tra i miei preferiti, perché mi riportano indietro nel tempo, a quando marinavo la scuola e in autostop, con le mie amiche, ci rifugiavamo nei chioschi di Savelletri a mangiarne tantissimi col pane». La Bowerman, talento culinario riconosciuto in tutto il mondo, vulcanica, «testarda e secchiona», come ama definirsi, ha una personalità ammirata e che non passa di certo inosservata. «Ma non è stato sempre così facile. I primi anni sono stati di sopravvivenza, e non a livello economico, perché con la cucina il lunario si sbarcava sempre. Mi riferisco alla critica, che è arrivata successivamente». L’amore per la cucina pugliese, insieme alla siciliana (le regionali migliori d’Italia), si affianca alla passione per le due culture gastronomiche maggiormente assorbite negli anni americani: «La giapponese, anche via della mia predilezione per il pesce crudo, e la messicana, per i tanti anni trascorsi in Texas. Profonde e variegate, queste due cucine hanno tante similitudini con quella pugliese». Le materie prime pugliesi, come il caciocavallo, non possono mancare nei menù di Glass, «perché sono pezzi di cuore e di gusto, che mi riportano a casa». Donna, chef, in un contesto gastronomico femminile non ancora pienamente realizzato, «perché le donne invece di andare avanti, sono andate indietro, e non per una cospirazione contro il genere, ma per la mancanza di affluenza femminile nel mondo della ristorazione e della sala». A cambiare la grammatica di questo cosmo, infatti, è stato anche il post Covid, perché – ricorda la chef di Cerignola - «non si tratta di fare la cuoca, ma impresa». Estrosa e creativa, rispetto ad altri colleghi, per Cristina la televisione non è mai stata un punto d’arrivo: «Ero una delle poche bambine che non voleva fare l’attrice, la ballerina, la cantante. E poi, oggi si confonde il successo con la popolarità. Ai giovani dico: avere successo nella vita significa fare quello che piace, al punto in cui si vuole, dedicando tantissime ore al lavoro, allo studio e all’ispirazione. Spesso, invece, si insegue la vuota popolarità, sterile, che se non la si riempie di contenuti, non serve a niente». Sogni nel cassetto? Qui arriva la sorpresa: «Affiancare a Glass un concept più piccolo e differente, per sperimentare una formula nuova. E la fotografia».