Il progetto
Quarant’anni di ritmo e libertà: Piero Monterisi torna alle origini con «Total Reverends»
Originario di Cerignola, il batterista ha lavorato con tutti, da Silvestri a Gazzè, da Fabi a Tiromancino, fino a PFM, Cristina Donà e Gianni Morandi. Il nuovo disco grazie all’incontro con Francesco Forni e Gabriele Lazzarotti
Quarant’anni di musica, migliaia di palchi, un’infinità di incontri. Piero Monterisi, originario di Cerignola, è uno di quei batteristi che hanno attraversato la storia recente della canzone italiana - da Silvestri a Gazzè, da Fabi a Tiromancino, fino a PFM, Cristina Donà e Gianni Morandi - senza smettere di cercare un suono personale. Col fresco progetto discografico Total Reverends, nato dall’incontro con Francesco Forni e Gabriele Lazzarotti, Monterisi trova il suo respiro. Forni, voce e chitarra, è noto per i progetti con Ilaria Graziano, Napoli Centrale, Marina Rei e Niccolò Fabi; Lazzarotti, richiestissimo al basso, è stato già al fianco di Silvestri, Truppi, Diodato e Roy Paci. Un trio solido, capace di unire groove, scrittura e una coscienza timbrica. Il risultato è fatto di energia e introspezione. «Con i Total Reverends ho espresso il concetto di libertà artistica - racconta Monterisi alla «Gazzetta» - Dopo tanti anni da batterista al servizio di altri, sentivo il bisogno di un linguaggio mio». Il disco, scritto e prodotto da Forni per AreaLive, è stato registrato in quattro studi e arricchito da collaborazioni che ne ampliano la tavolozza sonora. Tra gli ospiti figurano Violante Placido, Roberto Dell’Era, Rodrigo D’Erasmo e Ilaria Graziano. Oltre a a un coro di «voci ecclesiastiche» come Jose Ramon Caraballo Armas e Alice Clarini.
Dieci brani in inglese parlano di alienazione e desiderio, di inferni quotidiani e piccole redenzioni. Total Reverends è un grido teatrale, un viaggio tra «autosabotaggi e demoni interiori» (come li definisce Forni) e riflette anche la storia spirituale di Monterisi. «I riferimenti sacri sono veri - spiega il musicista - Da bambino facevo il chierichetto nella parrocchia di Sant’Antonio, e quello sguardo sul divino è rimasto dentro di me». Da qui nasce l’immaginario ironico e rituale dei «Reverends», una congrega musicale di «preti e suore» che ribalta le convenzioni, mischiando sacro e profano come in una messa rock. Le mani di Monterisi solcano il disco: nel ritmo carnale di Love & Pain, nel treno impazzito di Train 2 Hell, nella ballad Uniforms, che chiude l’opera con la voce di Dell’Era e l’organo Hammond di Roberto Procaccini. È una preghiera laica contro la standardizzazione del mondo, «un invito a restare centrati sulla propria via, in un tempo che ci vuole tutti uniformi». Il disco riflette anche sul mestiere del musicista, che Monterisi cristallizza: «Il nostro lavoro sta cambiando e cambierà ancora, ma spero in meglio. Noi siamo qui a pensare con le nostre teste, a scrivere la nostra musica e a suonarla con le nostre mani». Sulla soglia dei 40 anni di carriera, Monterisi non fa bilanci perché ha fame di futuro. «Quarant’anni sono pochi - dice sorridendo -, io punto agli 80. Che sia per sempre Total Reverends, e amen». Il 22 novembre Monterisi sarà in concerto con la nuova band battezzata dal disco nella sua Puglia, allo Spazio Porto di Taranto. Un ritorno a casa che profuma di libertà. Sotto l’altare del rock.