L'intervista

L'elettronica di Sarafine alla conquista di Taranto: «Il pubblico parte integrante del mio show. Solo i progetti autentici durano nel tempo»

Bianca Chiriatti

La vincitrice di X-Factor 2023 giovedì 23 ottobre in concerto al Mercato Nuovo: «La performance è uno scambio di energia: se non sento il pubblico coinvolto, mi spengo anch’io. È un rapporto di "dipendenza" sanissima»

Dopo aver vinto X-Factor nel 2023, nella squadra di Fedez con «Malati di gioia», uno degli inediti più interessanti passati su quel palco, non ha avuto fretta di «cavalcare l'onda» e pubblicare qualcosa. È rimasta fedele al suo modo di «sentire» la musica, alla sua identità, all'amore per l'elettronica e le contaminazioni, tanto che per il primo EP è stato necessario attendere fino a dicembre 2024. Ma forse è questo che rende Sarafine così speciale, unica nel panorama nazionale (e non solo). Quando la cantautrice e produttrice calabrese classe '89 sale sul palco, la musica non è solo ascolto, ma diventa partecipazione, un’esperienza che travolge, emoziona. Giovedì 23 ottobre arriva al Mercato Nuovo di Taranto per una tappa del Club Tour 2025, organizzato da Kashmir Music Concerti. Un giro di palchi che, dopo i trionfi estivi, tocca molte date al Sud (Rende - Cosenza, Baronissi - Salerno), per poi spostarsi al centro-Nord e che verrà coronato da un appuntamento speciale annunciato nei giorni scorsi, «Questo è il nostro show», l'11 marzo 2026 ai Magazzini Generali di Milano. Una grande festa collettiva, un abbraccio simbolico tra l’artista e il suo pubblico. Sul palco, anche a Taranto, il viaggio tra elettronica, pop e sperimentazioni di Sara Sorrenti (questo il vero nome) sarà accompagnato da una band d'accezione: Daykoda (Andrea Gamba), synth e tastiere, e Matteo D'Ignazi, batteria e percussioni.

Sara, «Questo è il nostro show»: che senso ha quel «nostro»? Quando ha capito che il pubblico non era solo spettatore, ma parte integrante del progetto?

«È una cosa che ho sempre sentito. I tour estivi mi hanno dato la possibilità di vedere quanto le persone si sentissero partecipi: quando canto le mie canzoni si crea una connessione vera. Ho fatto un percorso di crescita professionale davanti agli occhi della gente, sono partita da una comunicazione televisiva molto impattante come quella di X-Factor, ed è come se stessimo viaggiando insieme. Questo tour nei club, con il pubblico che acquista un biglietto per esserci, per me è un modo per restituire qualcosa, per condividere».

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Secondo lei, come ha costruito questa connessione così forte? E cosa il pubblico le restituisce?

«Credo che tutto nasca dalla sincerità con cui scrivo. Ogni brano racconta esperienze di vita reale, quindi chi mi ascolta spesso si riconosce in ciò che dico. Quello che ricevo indietro è comprensione, affetto e stima. E questo mi aiuta anche nei momenti più difficili, quando perdo un po’ la bussola. Per me la performance è uno scambio di energia: se non sento il pubblico coinvolto, mi spengo anch’io. È un rapporto di dipendenza sanissima, loro mi danno energia, io la restituisco. È un loop che spero non si fermi mai».

Lei è donna del Sud, quest'estate ha anche reinterpretato «Lu rusciu de lu mare», brano simbolo della tradizione salentina. Che ruolo ha la musica tradizionale nel suo modo di fare musica?

«È qualcosa di molto carnale. C’è oggi un ritorno alle radici, alla musica popolare, la stessa Rosalia, per esempio, reinterpreta il flamenco in chiave moderna. Anche per me è stato naturale: mi piace riadattare, giocare con i suoni, rendere tutto più mio. Il mio obiettivo è sempre intrattenere, far sentire il pubblico parte di qualcosa. La tradizione è un linguaggio semplice, diretto, che crea connessione».

Parliamo un po' della sua scelta di non sfruttare subito quel momento di grande visibilità dopo X-Factor. Quanto è importante prendersi il giusto tempo prima di pubblicare qualcosa?

«È fondamentale, non potrei mai cantare una canzone che non sento. Dopo X Factor avevo bisogno di capire chi ero, dove volevo andare, come volevo mostrarmi. Non è stata una scelta strategica, ma naturale: avevo bisogno di tempo per essere autentica. L’unica certezza che ho sempre avuto è che non avrei mai fatto qualcosa che non mi rappresentasse. Credo che un progetto artistico, per essere sostenibile nel tempo, debba partire da sé stessi. Le persone lo capiscono, sanno aspettare. Viviamo in un mondo che spinge a restare sempre sulla cresta dell’onda, ma non è salutare. L’autenticità, invece, dura».

A marzo sarà ai Magazzini Generali di Milano: un grande palco, un sogno per molti artisti...

«La vedo come una tappa naturale, più che come un sogno. È l’occasione per far partecipare più persone. Non temo i grandi palchi, arrivo dalle dirette televisive, quindi non mi intimoriscono. Ma credo che ogni cosa vada fatta al momento giusto. Visto il grande affetto ricevuto a Milano e Roma, abbiamo deciso di aggiungere questa data per chi non era riuscito a prendere i biglietti. Affronterò quel palco con la stessa tranquillità e lo stesso perfezionismo di sempre. Sarà uno show più grande, certo, ma la mia attitudine resta la stessa: precisa, appassionata e, lo ammetto, un po’ rompiscatole».

Nel panorama italiano di oggi molte donne stanno trovando la loro voce. Da giovane del Sud, come sente questo momento?

«Non c'è alcuna sfida. So che, a livello di rappresentazione, le donne sono ancora una minoranza, ma c'è bisogna di normalizzare la questione che il genere — o l’origine geografica — non siano più un tema o un problema. Io penso solo alla musica, e spero che arrivi come qualcosa di vero, senza etichette».

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