L'intervista

«Il coraggio in noi stessi ci salva dal sistema corrotto», il rap di Chicoria torna con «Due Lettere Dopo»

Bianca Chiriatti

Un album sincero e diretto, con incursioni di Carl Brave, Briga, Side Baby e molti altri: «Oggi la discografia investe nel rap, il lavoro è più concreto e c'è maggiore spazio»

Una rinascita interiore in un mondo che cade a pezzi. È il concept del nuovo disco di Chicoria, pietra miliare del rap italiano, founder del collettivo storico TruceKlan e istituzione nel panorama underground. L'album esce oggi, 28 marzo, per Honiro Label, e il titolo, «Due Lettere Dopo», richiama le lettere del Vecchio Testamento, e vuole arrivare al pubblico per raccontare un sistema corrotto, malato, ma da cui si può uscire migliori. Nel disco ci sono punti di vista anche di altri ospiti, Speranza, Gemello e Briga, Carl Brave e Side Baby, Morris Gola e Vins.

Partiamo da questa visione, da dove arriva l'idea di un sistema senza via d'uscita?

«Guardando la cronaca, si può capire da dove viene. Per esempio, sono passati 24 anni dall’uccisione di Serena Mollicone e un carabiniere si è suicidato per questa storia. Non sappiamo ancora la verità. Altro esempio: un giornalista, che ha scritto sulla squadra mobile di Cosenza che ruba i carichi di droga e taglieggia i parcheggiatori abusivi, ha ricevuto un fermo ed è stato portato in questura. Altro livello di corruzione: Ignazio Marino si è dimesso in un attimo dopo la polemica sulle multe per divieto di sosta; Santanché non ha pagato le tasse e i suoi dipendenti, e non si dimette. Mentre le amicizie di Fedez, Emis Killa o Tony Effe, tutti lavoratori con carriere musicali anche di vent’anni, vengono spiattellate ovunque e sembra il più grande problema d’Italia».

E invece il «barlume di speranza» in cosa lo troviamo?

«Lo si trova in noi stessi. Bisogna alimentarlo, bisogna alimentare questo coraggio, questa passione. Nel disco si parla anche di religione. Sono credente, ma non vado in Chiesa. E penso che Dio alberghi in noi stessi. Quante storie di persone che hanno fatto qualcosa di sovrumano conosciamo, proprio perché hanno avuto coraggio in loro stessi e hanno alimentato il proprio fuoco che ti fa sentire un Dio»

Le Lettere di cui parla nel titolo si rifanno a quelle del Vecchio Testamento

«L’album è il secondo capitolo di Lettere del 2016 e, come titolo, Lettere 2 non suonava bene. In origine il titolo era Du' Lettere Dopo, perché parlo prettamente romano. In ogni caso, le lettere servono per scandire la tempistica dell’album. In diverse tracce non ci sono ritornelli, che servono spesso per ballare o altro, ma in questo disco devi pensare e guardare dentro te stesso. Ecco perché sono lettere»

Ci sono un po' di ospiti, Briga, Carl Brave, Side Baby, come sono nate queste collaborazioni?

«Per riprendere un’intervista di Jake La Furia sui featuring nel suo disco, con cui sono molto d’accordo, le collaborazioni sono nate per amicizia e stima artistica. Fino ad ora non c’è stata occasione di lavorare insieme e questo progetto è stata una possibilità per esprimerci».

Che idea si è fatto del panorama attuale, visto il momento felice di hip hop e rap? Ma soprattutto venendo da un panorama underground, come vede la spinta della musica «dal basso»? C'è ancora quella fame nei giovani?

«Quando ho iniziato io non c’era la diffusione di internet, vinceva il passaparola. Ora è legato al web, e si arriva a più persone. Forse anche per questo c’è più attenzione da parte delle etichette discografiche e delle grandi realtà che foraggiano questa tipologia di musica, che vende più di tutti e piace ai giovani. A differenza di quando ero piccolo e nessuno investiva sui rapper, sono contento che ora il lavoro sia concreto e le etichette ben disposte nei loro confronti. C’è ancora più voglia di emergere e fame rispetto a prima».

Adesso cosa la aspetta?

«Sarò in giro con un tour che comincerà con la presentazione del disco al Testaccio Village di Roma il 29 maggio e proseguirà per tutta l’estate».

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