L'intervista

Tutti i colori del «Nuovospaziotempo» nel segno di Emma Nolde

Bianca Chiriatti

La cantautrice stasera in concerto a Taranto, da SpazioPorto, e a febbraio a Terlizzi

La Terra e il cielo, che nel 2024 diventano Google Earth e iCloud. La profondità dell’esistenza incontra la modernità del digitale in Nuovospaziotempo, terzo disco della giovane toscana Emma Nolde, tra i nomi più interessanti degli ultimi anni. La cantautrice e polistrumentista sta portando l’album, uscito per Carosello Records, in giro nei club, in un tour prodotto da Locusta che la vede sul palco insieme a Marco Martinelli alla batteria e ukulele, Andrea Beninati al violoncello, percussioni, piano e basso, e Francesco Panconesi al sax, piano, synth e cori. Questa sera Emma Nolde sarà a Taranto, da Spazioporto, e tornerà in Puglia il 28 febbraio, a Terlizzi (Ba), negli spazi del MAT - Laboratorio Urbano.

Si prende spesso la libertà di inventare parole nuove, lo aveva fatto con il disco Toccaterra, oggi c’è Nuovospaziotempo, che si scrive tutto attaccato: da dove arriva questo titolo?

«Dopo aver raccolto le canzoni che compongono l’album ho capito che il tempo era sempre presente, come una sofferenza rispetto alla velocità del mondo. Il disco precedente, Dormi, l’avevo scritto in quarantena, appena finito il liceo; questo qui mi è arrivato addosso in modo più forte e inaspettato, lo vivo da persona adulta che lavora, e se sei giovane hai sempre l’impressione di dover spingere per non perdere tempo. Su questo sono un po’ vittima e carnefice, sono la prima che si dà degli obiettivi, colleziono liste delle cose da fare. A tutto questo ho legato il concetto di digitale: le interazioni umane sono molto tecnologiche, ci fanno vivere le giornate in modo diverso».

Partendo dal concetto di tempo, che bambina è stata Emma nel passato?

«Ho vissuto in campagna per tutta la vita: un’infanzia legata alla natura, al sole, ai pochi amici intorno alla mia casa isolata. Ma ho due sorelle, non mi è mai mancata la compagnia. Poi a 7 anni la folgorazione: ho visto una chitarra appesa in un ristorante, e senza neanche sapere cosa fosse volevo suonarla. Non ho più smesso, grazie anche alla scuola che ho frequentato, a indirizzo musicale. Uno dei pochi stimoli che lo Stato offre e che per me è stato formativo».

Invece il presente riesce a viverselo o si proietta già nel futuro?

«È difficile. Riesco poco a godermi le cose belle che accadono, penso troppo a quanto starò male quando finiranno. Ero in concerto a Bologna, tutto stupendo, e mi sono trovata a pensare: “E se questo fosse il giorno più bello della mia vita?”. La verità è che ho un po’ paura di crescere, anche se poi ho intorno persone come il mio produttore, Andrea Pachetti, che ha 47 anni e fa una vita che mi piacerebbe avere».

Il primo ascolto dell’album l’ha organizzato per la sua famiglia. Come si pone davanti ai giudizi?

«Avevo un po’ di preoccupazione perché parlo molto di loro nelle canzoni, e non si sa mai come si può sentire una persona. Ma si sono ritrovati nelle mie parole, e da parte loro c’è tanto entusiasmo. In termini di risultati si potrebbe fare molto di più, forse, ma finché sono circondata da questo entusiasmo così alto mi sento forte e tranquilla».

Il 2024 è stato un anno importante per le donne in musica, anche se dietro le quinte quelle che lavorano nella filiera non sono ancora abbastanza...

«Concordo. L’augurio è che ci siano sempre più cantautrici che possano essere d’ispirazione anche per le donne del futuro. Ci sono bambine che dopo i miei concerti si avvicinano e mi dicono che vogliono iniziare a suonare la chitarra: quella è una vittoria per tutti, perché soprattutto in provincia si vede ancora la differenza di partecipazione, ad esempio nei corsi di musica, dove i maschi sono sempre molti di più. Ci sono tante colleghe che stimo e che spero possano essere fari per le generazioni, penso ad Anna Castiglia, Daniela Pes, Angelica, Giorgieness e tante altre».

Qualche giorno fa è uscito il suo nome nella line-up di El Galactico, il festival organizzato dai Baustelle a giugno, nella vostra Toscana. È contenta?

«Moltissimo. Li amo, quando andiamo in giro in furgone con la band ascoltiamo molto i loro dischi. E sono felice di sapere che suoneremo a Firenze: si sa, noi toscani siamo piuttosto autoreferenziali...».

Immaginando un futuro molto lontano, cosa vorrebbe che rimanesse di Emma Nolde nel mondo?

«La sensazione e la convinzione che tutto ciò che ho scritto e pubblicato sia stato frutto di un’esigenza e una sincerità personale, senza alcun secondo motivo. Tutto puro, mai sporcato da altre logiche. Mi basterebbe che passasse questo messaggio».

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