Disco d'esordio
L’«Uliveto» smooth jazz di Donatella Montinaro
Barese a Roma, per il debutto collabora con il contrabbassista statunitense Joe Sanders (produzione artistica) e un quartetto composto da Domenico Sanna, Giulio Scianatico, Cesare Mangiocavallo e Gabriel Marciano
È uscito il 27 settembre Uliveto, album d’esordio della giovane barese Donatella Montinaro, voce calda smooth jazz che per il debutto collabora con il contrabbassista statunitense Joe Sanders (produzione artistica) e un quartetto composto da Domenico Sanna al piano, Giulio Scianatico al contrabbasso, Cesare Mangiocavallo alla batteria e Gabriel Marciano al sassofono contralto. «Ho cominciato a scrivere questi brani frequentando l’Accademia Nazionale “Siena Jazz” - racconta alla Gazzetta l’artista, che si è trasferita a Roma - alcuni erano proprio compiti che mi venivano assegnati, e durante il percorso ho avuto l’opportunità di collaborare con Joe Sanders, mio grande idolo. Così abbiamo cominciato a lavorare insieme, e poi ho coinvolto Giulio Scianatico, amico anche lui barese, che mi ha introdotto al suo quartetto».
Che ruolo ha avuto per lei la formazione accademica?
«Ho potuto conoscere tanti artisti internazionali, suonare con loro, la vera esperienza che cambia la prospettiva sta proprio lì. Sono molto grata alla mia famiglia per avermi permesso di fare un percorso del genere: nessuno di loro suona, solo mia zia aveva una fisarmonica, ma il vero appassionato è mio padre, che mi ha introdotto alla musica classica, jazz, Coltrane. Ho frequentato il Conservatorio di Bari a cui mi sono approcciata con curiosità, poi ho capito che fare la cantante jazz era ciò che desideravo».
Uliveto è un bel titolo per un album che richiama la Puglia: da dove arriva?
«La mia famiglia è originaria del Salento, e dalla parte di mia madre possiede questo uliveto in territorio di Vernole. Da due secoli è di loro proprietà, e si tramanda di donna in donna. L’ho scoperto per caso: volevo un’immagine che mi connettesse alle radici pugliesi, ma che mi mettesse in relazione con i temi di famiglia e di donna».
A proposito di temi, cosa ha inserito nel suo lavoro?
«Durante la pandemia ho cominciato a soffrire di attacchi di panico, e la scrittura è stato un modo per esorcizzare. Parlo di questioni personali, anche legate all’ansia, necessità di espressione che prima non avevo. Ogni brano ha una sua storia».
Chi sono i suoi idoli musicalmente, passati e presenti?
«Quando ho ascoltato per la prima volta Sarah Vaughan ho pensato che non avevo mai sentito nulla del genere, è stata una sorpresa. Nel presente mi ispiro molto alla musica, anche non cantata: la tromba di Ambrose Akinmusire, il piano di Gerald Clayton, tutti amici di Joe Sanders, ma anche la voce di Cécile McLorin Salvant mi ha conquistata».
Lei si è spostata a Roma: com’è lì la situazione del panorama jazz rispetto a quella barese?
«Sicuramente a Bari ho avuto l’opportunità di conoscere un ambiente jazzistico di ottimo livello, ho studiato con maestri capaci e preparati, sono molto orgogliosa. A Roma forse c’è qualche opportunità in più, anche per i giovani che scrivono musica, l’ho fatto pensando alla parte creativa».