L’intervista

«Il mio karma in Puglia», Francesco Gabbani chiude a Otranto il Ghironda Summer Festival

Nicola Morisco

Un tour che nasce dal programma tv Ci vuole un fiore

Tocca a Francesco Gabbani chiudere l’edizione 2023 del Ghironda Summer Festival, che sarà anche la sua ultima tappa della tournée estiva «Ci vuole un fiore tour». Titolo, preso a prestito dal suo one-man-show andato in onda ad aprile scorso in prima serata su Rai1, in cui prosegue anche in concerto, tra musiche e parole, il progetto di sensibilizzazione del pubblico sulle tematiche legate all’ambiente, all’ecosostenibilità e al futuro del nostro pianeta.

Il concerto del 41enne cantautore e polistrumentista toscano si terrà, giovedì 24 alle 21.30, nei Fossati del Castello Aragonese di Otranto (biglietti disponibili sul circuito vivaticket, info: 080.430.11.50). Gabbani, quindi, sarà il protagonista dello speciale evento del Ghironda, rassegna internazionale di arte e cultura popolare che il 21 luglio a Matera e il 22 e 23 luglio a Ceglie Messapica ha ospitato, tra i tanti, gli artisti ivoriani Aly Keita e Dobet Gnahoré (vincitrice di un Grammy Award), la formazione brasiliana Grupo Barlavento, arrivata direttamente da Bahia, e lo sciamano del suono Arsene Duevi, proveniente dal Tongo.

Due volte vincitore del Festival di Sanremo, nel 2016 tra le nuove proposte con il brano Amen e nel 2017 tra i big con Occidentali’s Karma, Gabbani presenta dal vivo il nuovo singolo L’abitudine scritto con Fabio Ilacqua, oltre a tutti i suoi popolari successi. Ad accompagnarlo sul palco: il fratello Filippo Gabbani (batteria), Lorenzo Bertelloni (tastiere), Giacomo Spagnoli (basso) e Marco Baruffetti (chitarra).

Gabbani, possiamo definire questo tour il sequel del programma di Rai1?

«Il nome lascia trasparire questo, sicuramente sottolinea il fatto che ci sia una sorta di filo conduttore, o quantomeno l’intenzione di portare avanti il messaggio che è all’interno del programma televisivo legato all’ambiente. Che sia un vero sequel non mi sento di affermarlo, anche perché lo show live ha delle dinamiche completamente diverse. È un concerto a tutti gli effetti, con al centro la musica e la sua dimensione live che prevede in scaletta, oltre alle canzoni che hanno fatto la storia del mio percorso artistico fino ad oggi, anche brani che raccontano la bellezza del nostro pianeta e brevi monologhi scritti appositamente per lo spettacolo. Mi piace pensare e comunicare che il rapporto con la natura parta dalla spontaneità di ognuno di noi. Insomma, non dobbiamo rispettare la natura perché esistono delle regole, ma perché nasce ed è dentro di noi».

Girando in tour, che Italia ha incontrato?

«Per quanto riguarda il pubblico, da Nord a Sud, incontro sempre quello caloroso che mi segue e ascolta le mie canzoni fin dall’inizio. Rispetto all’ambiente, invece, pur girando in lungo e in largo la Penisola, non mi sono mai trovato per fortuna in situazioni ambientali drammatiche».

Il suo background è fatto di musica di qualità (jazz, blues, r&b, soul e canzone d’autore) e lo si sente nella costruzione e gli arrangiamenti dei suoi brani. Tenendo fuori alcune eccezioni, non crede che la musica pop oggi sia un po’ troppo uguale e priva di «sperimentazione»?

«La musica pop alla fine passa dal mainstream (pop convenzionale, ndr). In questo senso mi sento di darti ragione in quanto c’è una sorta di appiattimento dovuto al fatto che la musica è l’espressione del tempo in cui viviamo. Passa e viene comunicata attraverso i social e, più in generale, dal web risultando piatta. Insomma, diciamo che si dedica di più al bel vestito che alla sostanza».

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