Ali e radici

Tanti assi pugliesi nel jazz made in Italy

Ugo Sbisà

Livio Bartolo con il suo cd «Start from the Scratch», edito dalla salentina Dodicilune, un’etichetta che merita di essere definita «benemerita» per il suo impegno nella documentazione e promozione di alcune tra le nuove espressioni del nostro jazz

Le classifiche del recente referendum nazionale Top Jazz hanno incoronato, com’è noto, Roberto Ottaviano quale Musicista dell’anno e Mariasole De Pascali quale Miglior nuovo talento. I loro, tuttavia, pur eclatanti, non sono stati gli unici riconoscimenti che i votanti del Top Jazz hanno riservato al jazz pugliese, dal momento che, allontanandosi dai primi tre posti della categoria riservata al miglior disco italiano del 2022, in dodicesima posizione spunta il nome del chitarrista e compositore Livio Bartolo con il suo cd «Start from the Scratch», edito dalla salentina Dodicilune, un’etichetta che merita di essere definita «benemerita» per il suo impegno nella documentazione e promozione di alcune tra le nuove espressioni del nostro jazz.

Anch’egli pugliese – vive a Taranto – Bartolo è un talento meritevole di grande attenzione che conferma una volta di più come e quanto una buona «scuola» possa essere fondamentale nel fornire solide basi a chi non voglia limitarsi a brillare nel repertorio consolidato, ma intenda soprattutto esplorare le possibilità di contaminazione tra i linguaggi contemporanei.

Nel caso di specie, Bartolo, che si è diplomato al Conservatorio «Rota» di Monopoli, ha partecipato ai laboratori del compianto Gianni Lenoci (come la De Pascali del resto) e dal suo maestro ha appreso la pratica di una curiosità intellettuale mai autoreferenziale, ma sempre pronta a lanciare coraggiosamente lo sguardo in avanti e, all’occorrenza, a sporcarsi le mani. E pur senza stare a sciorinarne il curriculum ai Lettori, almeno un dettaglio – o forse sarebbe meglio definirlo indizio – va qui segnalato: si è laureato discutendo una tesi sul sassofonista e compositore afroamericano Henry Threadgill, elemento di spicco della celeberrima AACM (Association for the Advancement of Creative Music) di Chicago.

Nel premettere che il suo «Start from Scratch» non è un album «facile» per chi è poco in confidenza con la cosiddetta «post avant-garde music» e che pertanto un ascolto reiterato consentirebbe di apprezzarlo meglio, va detto che la suite in cinque movimenti in esso contenuta è davvero ricca di interesse per la sua capacità di unire improvvisazione e scrittura, citazioni dell’avanguardia storica e sperimentazioni contemporanee, in un linguaggio nel quale serialismo, neoclassicismo di derivazione stravinskiana e linguaggi post free sono sempre utilizzati e miscelati tra loro con una cura quasi da alchimista.

Musica che è frutto di pensiero, allora e che ricorda agli ascoltatori come il passare del tempo abbia ormai storicizzato anche linguaggi che solo una trentina di anni fa ci sembravano futuribili, trasformandoli appunto in una eredità culturale dalla quale prendere le mosse per provare a costruire nell’oggi la musica del domani. Se il cd mette in bella luce Bartolo nel triplice ruolo di direttore, chitarrista e compositore capace di confrontarsi con forme di ampio respiro, va detto però che all’efficacia della resa contribuiscono anche i musicisti impegnati.

Con i talentuosi pugliesi Andrea Campanella ai clarinetti, Pietro Corbascio alla tromba e Aldo Davide Di Caterino al flauto, ci sono anche due presenze femminili di tutto rispetto come la violinista Anais Drago e la batterista Francesca Remigi. Perché se c’è un aspetto del nuovo jazz italiano che merita di essere sottolineato con soddisfazione, è che le ultime generazioni hanno dato finalmente una spallata alla convinzione che le donne del jazz dovessero soprattutto cantare o, tutt’al più, suonare il pianoforte.

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