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Lettere alla Gazzetta
Mario Conforti, Bari
25 Aprile 2017
«Ma ti pare normale?» è il refrain che spesso risuona in un diverbio per futili motivi. Ma, normale, rispetto a cosa? Per il Devoto Oli, normale significa «conforme alla consuetudine e alla generalità, regolare, usuale, abituale»; nelle frasi negative: aberrante o patologico. Se la parola è rapportata a una norma di legge, no comment. Non garantisce la normalità quando, invece, si riferisce al comportamento di una moltitudine di persone (seguire il gregge). Oggi abbiamo modelli omologanti in tutte le nostre azioni. Secondo lo psichiatra Raffaele Morelli, «la normalità che uccide si trova nell’esempio televisivo di parole banali, sempre uguali, ripetute... siamo prigionieri di un’idea del bene e del male profondamente infantile, l’idea che ognuno di noi risponda della totalità, non del suo essere unico, irripetibile». Ancora, in famiglia, dell’idea oggi prevalente che l’autorità sia dannosa, che i genitori debbano stare alla pari dei figli: naturalmente, finiamo col rendere i ragazzi più aggressivi, perché loro non hanno bisogno di genitori amici, ma di guide dotate di autorevolezza, di quell’auctoritas che nell’antica Roma trovò la sua prima formulazione nel diritto di famiglia. La normalità, nella sua essenza, è indice di equilibrio, di quell’equilibrio che dovrebbe permeare ognuno di noi.
Mario Conforti, Bari
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