Il ricordo
Addio alla fotografa Letizia Battaglia, «combattente più che testimone di mafia»
La grandezza di Letizia Battaglia nella storia della fotografia italiana risalta nel personale e originale contributo alla cultura del realismo
“Non mi sentivo, né pensavo, e non lo penso neanche oggi, di essere un’artista, facevo la fotografa per mantenermi e fermare in immagini quello che mi suscitava, rabbia, pietà, amore e bellezza”. Così scriveva Letizia Battaglia, la grande fotografa palermitana scomparsa ieri notte, a 87 anni, nella autobiografia pubblicata nel 2020. Una proposta di lettura antieroica della sua avventura, ma profondamente vera e umana, che avevamo ascoltato in molti a Bari nel 2012 , quando venne per una sua mostra antologica nella Sala Murat, L’’inevitabile liturgia mediatica che la commemora come “la fotografa della guerra di mafia”. E certo Letizia ne fu combattente più che testimone , con le immagini scattate come fotoreporter del quotidiano “L’Ora”, negli anni più feroci e oscuri della mattanza per le strade di Palermo. Dal 1974, quando tornò a Palermo dopo una fuga liberatoria nella Milano di cultura post Sessantotto. Molte oggi non sarebbero più pubblicabili per la loro crudezza (Nicoletti, Terranova, Reina…). Alcune sono consegnate alla storia politica del nostro Paese, oltre che del reportage internazionale. Esemplare l’immagine del corpo di Piersanti Mattarella, presidente della Regione Sicilia, che viene trascinato fuori dall’auto con l’aiuto del fratello Sergio – il nostro Presidente della Repubblica (1980).
Tuttavia, la grandezza di Letizia Battaglia nella storia della fotografia italiana risalta nel personale e originale contributo alla cultura del realismo. Connotata soprattutto dalla empatia appassionata con cui colse e fermò dagli ‘80 la vita di ragazze, ragazzi, donne nei quartieri poveri di Palermo. Consegnata ad evidenza iconica in immagini come la Bambina col pallone senza sorriso (1980) o il Bambino che gioca a fare il killer all’angolo della chiesa di Santa Chiara (1982). Ma ci sono fotografie come la Madre con i suoi bambini nudi in una casa assediata dai topi (1997) degna della grande fotografia americana del ‘90..
Una vita infatti, quella di Letizia Battaglia, sempre “dalla parte delle donne”: non per femminismo di maniera ma per sentimento di complicità, afflato. Riversata nel sociale, anche con l’impegno in politica fra gli 80 e i 90 (consigliera comunale con i Verdi, assessore con Leoluca Orlando sindaco, deputata regionale per “La Rete” di Orlando). Prove che non erano per lei e l’hanno ferita nella ultima parte della sua vita. Anche se è riuscita a far nascere nei Cantieri della Zisa un Centro internazionale per la Fotografia di vita prestigiosa quanto contrastata.
Negli ultimi anni si era dedicata a fotografare anche le prostitute di Palermo nelle loro solitudini. Ulteriore segno di solidarietà nel quale riconosceva la sua vita ribelle, condotta con ostinata energia contro ostacoli, soprusi, violenze. Anche incomprensioni: per ingiuste accuse ad una sua campagna fotografica con foto delle sue bambine di Palermo, riprese accanto ad una auto sportiva: mercimonio, offesa alla città, sessismo, addirittura pornopedofilia. Una vicenda che l’ha indotta a ritirarsi sempre più nel privato, alla dimensione domestica che però ha sempre amato. Anche nelle ultime apparizioni pubbliche - come la personale ai Tre Oci di Venezia, 2021 – si è vantata di saper cucinare bene i piatti siciliani , di lavare i piatti e ricamare ai ferri. Lì ha voluto esporre la foto di un grande fiore. Come ostinato amore per la vita e per la bellezza, in tutte le sue forme.