in città

A Bari riapre il bar Mokador, il piccolo locale dalla grande anima nell'Umbertino

francesca di tommaso

Punto di riferimento dagli anni Trenta con i suoi 40 mq, quando c'era solo il servizio al banco tra le pareti tappezzate da specchi, ricordi e collezioni d'ogni tipo

BARI - Il Mokador non ci sta ad uscire di scena e oggi riapre i battenti. Lo storico bar in corso Cavour ad angolo con via Imbriani, alle porte del quartiere Umbertino, ha animato la vita cittadina dagli Anni ‘30: quaranta metri quadri e generazioni di baresi che lo frequentavano a tutte le ore, complice la rivendita di sigarette e una buona torrefazione. Solo un bancone per essere serviti, accoglieva i clienti tra le collezioni di specchi alle pareti, il profumo perenne di caffè e l'aria consumata, all’epoca era consentito, del fumo delle sigarette. Le chiacchiere, i saluti, le pacche sulle spalle e i pettegolezzi in un locale aperto fino a tarda ora, punto di riferimento per chi prendeva lavoro al primo turno del mattino come per chi terminava appoggiato a quel bancone la sua giornata prima di rientrare a casa. E non mancava di attrarre avventori curiosi di varcare la soglia di una specie di museo a cielo aperto dalle pareti tappezzate di fotografie d’epoca e collezioni d’ogni tipo: a cominciare, per l'appunto, proprio da quella di specchi d'ogni formato.

Insomma, un piccolo locale dalla grande anima che Francesco Carrassi, «eclettico giramondo» come gli piace definirsi, già una volta aveva riaperto, rispondendo al richiamo del «fittasi» sulle sue vetrine vuote. «Il bar aveva chiuso nell’’87 - racconta -. Al suo posto per un po’ di tempo ci fu un negozio di abbigliamento. Ma quando rividi che non c’era più nulla ebbi un colpo al cuore e con mia figlia Maira lo rilevai. Era l’agosto del 2020».

Il bar funzionava, i tavolini sistemati sulla strada gli davano respiro. «Per un anno ci sono stato io ma vivendo tra Bari e Panama, e avendo un carattere poco… stanziale, non era semplice conciliare tutto – continua -. Per i due anni e mezzo successivi lasciai il locale nelle mani di mia figlia Maira, che pur lavorando benissimo non poteva reggere da sola il peso di tutto». La conseguenza? «Dopo un paio d’anni mia figlia era a pezzi e il Mokador, paradossalmente, riuscì in quello che io, da padre, non ero stato capace di fare per lei: a 24 anni Maira, che fa la fotografa, si è iscritta all’università, studia scenografia teatrale e cinematografica, segue fino in fondo le sue passioni ed io sono il papà più felice del pianeta».
Ora il piccolo locale dalla grande anima riparte. Ed è di nuovo Carrassi a crederci. «Per un anno ho continuato a pagare l'affitto del locale a vuoto perché chiusa l’attività, quindi la decisione di mantenere la licenza commerciale ma affidarne la gestione ad altri».

A quel punto le richieste arrivano in gran numero e Francesco «sceglie» di affidare il bar ad un'azienda di Santo Spirito che panifica dal '74. Il «Nuovo Mokador», infatti, sarà anche bakery, con prodotti salati e piatti d'asporto.
La struttura cambierà? Carrassi sorride: «Ricordo ancora quando nel bar entrò una coppia di turisti spagnoli, stranamente imbarazzata. Mi chiesero timidamente se potevano guardarsi attorno, incantati dai riflessi degli specchi alle pareti e chicche d'ogni genere … non consumando niente. A questo punto credo sia doveroso non cambiare una virgola del suo fascino. Il Mokador merita di provare a riprendersi la scena e rimane così com’era, negli arredi e nella struttura. E oggi caffè gratis dalle 18 in poi per chi c’era e chi ci sarà».

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