Potenza, frana una collinetta per colpa del maltempo: traffico in tilt
Orta Nova, donna uccisa a coltellate in casa
Auteri incontentabile: «Dobbiamo migliorare»
NEWS DALLE PROVINCE
i più letti
Nicola Simonetti
18 Settembre 2018
Malattia di Crohn, patologia cronica che, ogni anno, colpisce l’intestino di 8.000 italiani e che, con loro, convive a lungo, condizionandone vita sociale e lavorativa, rapporti, modalità di gestire la propria giornata, originando disagio e vergogna a causa della sintomatologia (specie diarrea ricorrente e prolungata, dolori, inappetenza). “Trovare, nell’urgenza, un bagno pubblico come pianificare viaggi e spostamenti possono essere incredibilmente difficili”.
Ne derivano invalidità effettive ma non visibili che, oggi, sperimentano, in proprio, almeno 70mila italiani viventi. Le terapie disponibili sono: aminosalicilati, corticosteroidi, immunomodulatori, terapie biologiche, antibiotici. La situazione può imporre, in oltre 70% dei malati, ricoveri ospedalieri ed interventi chirurgici di resezioni intestinali (30-50% dei casi). Il 20% degli operati, però, presenta ricomparsa dei sintomi ad 1 anno dall’intervento.
Alla base della malattia, familiarità ma non ereditarietà (20% dei pazienti hanno un parente stretto - genitore, fratello, figlio - che soffre di una malattia infiammatoria cronica dell’intestino), fattori ambientali, reazioni anomale del sistema immunitario, virus e batteri. La sintomatologia insorge, di solito, a 20-30 anni di età ma, circa 12 volte su 100, prima dei 18; rara, invece, negli over 65 anni. E, per tutti, essa sarà compagna molesta per tutta la vita. “Diarrea ricorrente, sangue e muco nelle feci, dolori, dimagramento, astenia, blocchi intestinali, fistole, ulcere – dice il prof. Ambrogio Orlando (ospedali riuniti, Palermo) – devono far pensare alla malattia e far presto diagnosi (1 volta su 3 giunge in ritardo) grazie ad esami di laboratorio e studio radiologico. Decisivo il ruolo del medico di base. La diagnosi la fai se ci pensi”.
“Il grande bisogno, non soddisfatto, di questi malati – dice il prof. Silvio Danese (Humanitas, Milano) – è combinare miglioramento repentino con efficacia mantenuta a lungo. Per la prima volta un farmaco sposa queste due esigenze e, in gran parte, le risolve. È il primo di una nuova classe di anticorpi monoclonali (ustekinumab) che agisce e doma due fattori alla base della malattia. A 3 settimane dall’inizio della terapia (una iniezione endovena e, poi, ogni 3 mesi, una sottocute che il paziente può fare da sé), evidenti gli effetti che si prolungano per due anni (finora)”.
“Il nostro impegno – dice il dr Massimo Scarabiozzi (Janssen Italia) – va anche verso iniziative di respiro sociale. Per promuovere conoscenza e sensibilizzare, con il mondo scientifico e le associazioni di pazienti (“Amici Onlus e Ig-Ibd) lanciamo un campagna nazionale, un cortometraggio (“Aspettando Crohn - l’agenda impossibile”) che sarà proiettato anche nei cinema. Disponibili su www.mici360.it
Lascia il tuo commento
Condividi le tue opinioni su