storia a potenza
Reintegrata sul lavoro
ma la ditta la ignora
La vicenda di una cuoca potentina malata di cancro, licenziata, guarita dal tumore, reintegrata dal giudice ma non dall'azienda
10 Dicembre 2017

di MASSIMO BRANCATI
Doveva cominciare a lavorare dallo scorso primo ottobre. E le dovevano corrispondere circa 3.500 euro di arretrato. Tutto stabilito da un giudice del lavoro. Ma non è accaduto nulla. Per D. L., una donna di Potenza di 53 anni, continua l’odissea che incrocia i suoi problemi di salute (sta lottando contro un tumore), la burocrazia e l’insensibilità delle persone. Colpita dal cancro, D. L. è stata licenziata dalla ditta Slem di Piano di Sorrento (Napoli) subito dopo aver cominciato un percorso di radioterapia al Crob di Rionero in Vulture.
La Slem era subentrata a un’azienda di Brindisi «Nuovi Orizzonti sociali», fallita da circa 4 anni anni con diversi stipendi arretrati mai versati ai dieci dipendenti delle tre carceri lucane di Potenza, Matera e Melfi. D. L. aveva l’incarico di responsabile della cucina nella mensa-agenti della casa circondariale di Potenza. In servizio da circa 22 anni, avrebbe superato il cosiddetto «periodo di comporto», vale a dire quel lasso di tempo in cui la legge consente di assentarsi dal lavoro mantenendo il posto. La tempistica varia da contratto a contratto e, per la verità, non c’è molta chiarezza nel settore, dal momento che non si farebbe una netta distinzione tra malattia cronica e patologia tumorale. Mediamente il periodo di assenza non può superare i sei mesi, ma per una malata di cancro, alle prese con il ciclo di radioterapia, sei mesi sono decisamente pochi per completare il percorso di guarigione.
È stato questo uno dei passaggi contenuti nel ricorso contro il licenziamento, accolto dal giudice Rosalba De Bonis lo scorso 23 maggio nel corso di un’udienza di conciliazione al tribunale di Potenza. D. L., in base a quanto deciso, andava reintegrata. Prima del pronunciamento del giudice, D. L. ha cercato invano una sponda nell’Ispettorato del lavoro e nei sindacati, imbattendosi in «spallucce» e silenzi. L’unica organizzazione sindacale che ha deciso di schierarsi dalla sua parte è stata l’Usb che ha più volte sottolineato la sua solidarietà nei confronti della lavoratrice.
Oggi la donna, per fortuna, è guarita e potrebbe tranquillamente tornare ai fornelli per lavoro. Ma è ancora in attesa della chiamata e di ciò che rivendica sul piano strettamente economico. Cosa si aspetta a seguire le indicazioni del giudice del lavoro? «La notte - tuona il marito di D. L. - non dormo più, in questa casa abbiamo perso la pace e la tranquillità constatando che le istituzioni e la politica sono lontani mille chilometri da queste gravissime situazioni che in Italia e nel mondo colpiscono migliaia di persone».
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